La separazione giudiziale: guida pratica

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L’istituto della separazione giudiziale è alternativo a quello della separazione consensuale e trova la propria fonte all’articolo 151 del codice civile e all’articolo 706 e seguenti del codice di procedura civile.

Si tratta di un procedimento a cui solitamente si ricorre ove non sia possibile trovare un accordo fra i coniugi o vi siano le prospettive di chiedere l’addebito.

Con questo articolo vogliamo offrirvi una guida semplice e, per quanto possibile, completa sulla separazione giudiziale e le relative conseguenze.

Cos’è la separazione giudiziale

La separazione giudiziale è un procedimento civile contenzioso attraverso cui uno dei due coniugi ricorre al Presidente del Tribunale per la pronuncia di una sentenza di separazione coniugale.

Con la sentenza saranno regolati i rapporti, anche patrimoniali, dei coniugi e gli stessi saranno autorizzati a vivere separatamente.

A seguito di tale iniziativa il Presidente del Tribunale emette un decreto con cui:

  • fissa la data dell’udienza in cui le parti dovranno comparire personalmente innanzi a lui;
  • stabilisce due termini rilevanti per il coniuge chiamato in causa: quello entro cui gli devono essere notificati il ricorso e il decreto e quello entro cui può presentare una memoria difensiva ed altri documenti.

All’udienza fissata con il suddetto decreto i coniugi devono essere accompagnati dai propri difensori e saranno sentiti dal giudice in due momenti: prima separatamente e poi congiuntamente in sede di conciliazione obbligatoria preventiva.

Se la conciliazione ha esito negativo il Presidente, dopo aver assunto i provvedimenti provvisori necessari con riguardo ai figli e alla casa coniugale, assegna la causa di separazione ad un altro giudice (detto giudice istruttore) e fissa la data della prima udienza dinanzi a quest’ultimo, che si occuperà poi di seguire tutto il processo.

Quando può essere chiesta la separazione giudiziale

Prima di passare a descrivere gli effetti della separazione, occorre indicarne i presupposti.

Sul punto la legge è molto chiara e l’articolo 151 del codice civile, così come riformato dalla legge numero 151 del 1975, stabilisce che “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole”.

Ovviamente, detti presupposti sono soggetti ad interpretazione da parte del giudice chiamato a pronunciarsi sulle richieste dei coniugi.

Ci limitiamo qui a dire che normalmente si tende a dare un’interpretazione piuttosto ampia dei suddetti presupposti.

Quali sono gli effetti della separazione giudiziale

Veniamo ora a definire gli effetti della separazione giudiziale.

Una volta ottenuta, la sentenza di separazione fa cessare alcune le obbligazioni inerenti alla vita coniugale.

Ed infatti, i coniugi non saranno più tenuti all’obbligo di convivenza. Allo stesso modo i coniugi non saranno più tenuti a prestarsi assistenza reciproca secondo quanto previsto in sede di matrimonio. Cesserà, naturalmente, anche l’obbligo di reciproca fedeltà.

Tuttavia, alcune importanti “anticipazioni” di questi effetti di legge si hanno a far corso dalla prima udienza presidenziale, dopo essersi dati atto del fallimento del tentativo di conciliazione.

La comunione legale si scioglie, ad esempio, a far corso dalla prima udienza presidenziale, ed i coniugi saranno fino dalla prima udienza presidenziale autorizzati a vivere separatamente.

Inoltre, altra importante conseguenza, seppur eventuale, è ravvisabile nell’assegno di mantenimento che può essere disposto con la sentenza di separazione a favore del coniuge economicamente più “debole”.

La separazione giudiziale con addebito

L’addebito consiste esattamente nell’affermazione che la fine dell’unione coniugale è stata causata da uno dei coniugi con un comportamento che ha reso intollerabile la prosecuzione della convivenza coniugale; tale attribuzione di responsabilità deve essere contenuta nella sentenza che pronuncia la separazione giudiziale

Per capire quando e come possa essere richiesto l’addebito della separazione è sufficiente consultare l’articolo 151 del codice civile. La norma in questione precisa che l’addebito può essere richiesto fin da subito, con il ricorso attraverso cui si apre il processo.

Può essere pronunciato l’addebito nella separazione giudiziale quando siano stati violati da parte di un coniuge i doveri derivanti dal matrimonio, come ad esempio quelli individuati dagli articoli 143 e 147 del codice civile.

Può, ad esempio, essere chiesto l’addebito per tradimento, ed anche ove difettino l’assistenza morale, materiale, la collaborazione, la coabitazione e così via.

Le violazioni dei doveri coniugali al fine della valutazione in merito all’addebito, devono essere anteriori alla domanda di separazione giudiziale. Non hanno rilievo le violazioni successive alla domanda di separazione.

In ogni caso, la pronuncia di addebito si fonda non sulla semplice violazione dei doveri di cui all’articolo 143 c.c. bensì sull’esistenza verificata dal giudice del nesso causale tra la violazione e la convivenza diventata intollerabile.

Le conseguenze dell’addebito

Quando uno dei due coniugi ha avuto a proprio carico l’addebito della separazione, lo stesso perde il diritto al mantenimento, ridimensionato al solo diritto agli alimenti, ove ne sussistano i presupposti (stato di bisogno, incapacità di provvedere anche in parte al proprio sostentamento economico e capacità economica del coniuge).

I diritti successori del coniuge separato superstite

Per quanto attiene ai diritti successori del coniuge separato , la disciplina è fissata dall’articolo 548 del codice civile.

Al coniuge separato senza addebito spettano gli stessi diritti del coniuge non separato. Ove invece sia stato pronunciato l’addebito nei riguardi di un coniuge, a questi spetterà solo un assegno vitalizio. Tale assegno però, spetta solo nella circostanza in cui godesse degli alimenti, a carico del coniuge deceduto alla data di apertura della successione.

Modificare le condizioni di separazione

Ai sensi dell’articolo 710 del codice di procedura civile “Le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e la prole conseguenti la separazione”.

Non avendo i provvedimenti del giudice carattere decisorio, infatti, possono essere sempre modificati. La modifica può essere attivata con ricorso e può riguardare l’assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli, la casa familiare e altri aspetti patrimoniali. Il giudice dispone le modifiche con decreto motivato avente, questa volta, natura decisoria. Tale decreto può inoltre essere impugnato.

La richiesta di modifica delle condizioni di separazione può avvenire sia nel procedimento di separazione giudiziale ma anche in quello di separazione consensuale ovvero su accordo dei coniugi, ad esempio con ricorso congiunto o accordo stragiudiziale. In ogni caso è necessaria l’assistenza dell’avvocato.

La riconciliazione successiva alla separazione giudiziale

Quando i coniugi si riconciliano, cessano gli effetti della separazione giudiziale.

La legge non prescrive particolari oneri formali per la riconciliazione. Ai coniugi è infatti possibile riconciliarsi “di fatto” dando luogo a comportamenti che siano incompatibili con la separazione. Per comportamenti compatibili devono intendersi, ad esempio, l’essere ritornati a convivere e a trascorrere una vita in comune. Non è naturalmente sufficiente a provare la riconciliazione, la sussistenza di rapporti pacifici o una semplice frequentazione.

È importante rilevare che, avvenuta la riconciliazione successivamente alla separazione, non sarà possibile divorziare direttamente. Il procedimento di separazione dovrà iniziare da capo.

Nel caso invece la riconciliazione avvenga prima della separazione ma a domanda già proposta, l’articolo 154 c.c. stabilisce che “La riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta”.

Quanto tempo ci vuole per la separazione giudiziale: la durata del processo

Come già chiarito i tempi per il procedimento di separazione giudiziale sono assai più lunghi di quelli relativi alla separazione consensuale (per la quale può addirittura bastare un mese); è difficile siano inferiori a due anni ed è possibile arrivino anche a quattro anni.

Ci sono tuttavia molte variabili che possono incidere, come ad esempio la presenza di appelli o di ricorsi per Cassazione. Altro fattore determinante per la durata del processo è l’efficienza del Tribunale competente, da cui dipende la fissazione delle udienze. Laddove tuttavia i coniugi trovino un accordo nel corso del giudizio sarà possibile che l’iter si concluda in poche settimane.

Dalla separazione giudiziale al divorzio: quanto tempo deve passare

Trascorso un anno dalla separazione giudiziale è possibile proporre domanda per il divorzio. Il termine di un anno decorre dalla comparizione davanti al Presidente del Tribunale competente secondo quanto previsto dall’articolo 3 numero 2) lettera b) della legge sul divorzio (numero 898 del 1970).

In caso di separazione consensuale, invece, il termine per chiedere il divorzio è di sei mesi. Anche in questo caso i termini decorrono dalla prima udienza presidenziale di comparizione delle parti.

Quali documenti servono per la separazione giudiziale

Per quanto attiene alla documentazione necessaria da portare all’avvocato per la separazione giudiziale, questa consiste in:

  • Copia integrale dell’atto di matrimonio.
  • Lo Stato di famiglia dei due coniugi.
  • Il certificato di residenza degli stessi.
  • Copia delle ultime tre dichiarazioni dei redditi.

Chi paga le spese in caso di separazione giudiziale

Come nella gran parte dei procedimenti civili contenziosi, le spese di giudizio seguono la soccombenza.

Laddove ad esempio un coniuge abbia chiesto l’addebito della separazione e lo abbia ottenuto in giudizio con la relativa sentenza, le spese di giudizio saranno a carico del coniuge a carico del quale sia posto l’addebito. Per lo stesso motivo il coniuge che abbia richiesto l’addebito e non lo abbia ottenuto sarà tenuto a pagare le spese di giudizio all’altro coniuge.

Le spese di lite saranno tuttavia anticipate da ciascun coniuge al rispettivo avvocato e verranno rifuse soltanto in un secondo momento in caso di soccombenza.

Conclusioni

Nel caso di crisi familiare, il nostro consiglio, come sempre, è quello di cercare di trovare una soluzione bonaria della controversia, che sia idonea a tutelare i vostri interessi e soprattutto  quelli di eventuali figli minori. Raccomandiamo fortemente di rivolgervi ad un legale preparato ed esperto in materia.

Noi di Studio Strangio vantiamo esperienza ultradecennale in materia e prestiamo regolarmente assistenza nei processi di separazione giudiziale e di divorzio, operando, come sempre, con delicatezza e riservatezza.

È possibile prenotare una consulenza valutativa, senza impegno, chiamando i numeri dello Studio o scrivendo una e-mail per essere ricontattati in breve tempo.

Articolo a cura dell’Avv. Sebastiano Strangio

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